IL PROF. CENDON PROVVEDE SOCCORSO GIURIDICO AI DEBOLI

 

Che per l’effetto de’ suo’ mai pensieri,

fidandomi di lui, io fossi preso

e poscia morto, dir non è mestieri

                                                     Inferno, xxxiii

                                                                                                                            .

Chi è il Paolo Cendon, che in gennaio scrisse un importante articolo sul Prof. Gilardi?  Non è mica un qualsiasi passante, come me.  Ecco cosa ne dice Wikipedia:

 

Paolo Cendon (Venezia, 9 novembre 1940) è un giurista, scrittore e saggista italiano.   

 

«C'era qualche contributo, riflettevo, che avrei potuto fornire, in veste di civilista, alla "causa" di Basaglia, al San Giovanni, come era chiamato l'ex reclusorio psichiatrico?

La rivoluzione antimanicomiale che avanzava, di cui già si occupavano i penalisti, dopo la cancellazione formale degli "ospedali per i matti", era destinata a influenzare anche discipline come la mia?                                              

                                                                                            da "I diritti dei più fragili"» 

Negli anni Settanta e Ottanta ha collaborato con il team di Franco Basaglia per la riforma della psichiatria, dei suoi istituti, del codice civile. Ha curato l'impianto giuridico necessario per la protezione dei malati di mente con l'apporto, fra gli psichiatri, di Franco Rotelli, Peppe Dell’Acqua, Mario Reali, Giovanna del Giudice, e, fra i giuristi, di Giovanna Visintini, Stefano Rodotà, Angelo Venchiarutti, Mauro Bussani.

Ha concettualizzato e promosso all'interno del sistema giuridico italiano l'istituto del danno esistenziale e la figura dell'amministratore di sostegno.

Le sue opere sono incentrate sui diritti dei soggetti deboli.  È Direttore della rivista on-line Persona e Danno e Presidente dell’Associazione Anziani Terzo Millennio.[1]

 

 

NON È IL CASO GILARDI, È IL CASO IENE

 

Ma questo Prof. Cendon è un eroe della "rivoluzione antimanicomiale"!  Questa è una brava persona, è un vecchio pure lui, ed è lì per null'altro che proteggere i vecchi e deboli.  Se c'è uno di cui possiamo fidarci è lui, un uomo di grande esperienza, disinteressato; vede, osserva, spiega, consiglia.  Ecco cosa scrive il 7 gennaio sulla pagina Facebook di Persona e Danno:

 

Non sono intervenuto subito sul caso Gilardi, perché l’esperienza mi insegna che i servizi giornalistici sono spesso imprecisi, monchi cioè di qualche particolare storico decisivo, di cui i responsabili locali dell’assistenza e del soccorso giuridico sono  in effetti i soli ad essere a conoscenza, e senza i quali certe decisioni prese a livello assistenziale o giudiziario appaiono esternamente sbagliate o incomprensibili. 

Ho anche invitato fermamente i collaboratori responsabili di ‘Diritti in Movimentò a essere cauti e prudenti nel pronunciarsi in argomento...  Altro è comunque il mestiere che un gruppo di controllo generale sui diritti, come il nostro, deve esercitare: mai smettere di ricordare al lettore/interlocutore quali sono i principi fondamentali in materia, essere  sempre  riservati e meticolosi nel valutare gli episodi singoli di cronaca, aspettare possibilmente che ci sia un provvedimento del giudice, tanto meglio se passato in giudicato. ..

 

Secondo la giudice, la Barra avrebbe cioè agito correttamente, rispettando le volontà del suo assistito: Carlo avrebbe accettato spontaneamente il ricovero in Rsa, non rendendo necessario alcun trattamento o accertamento sanitario obbligatorio.  

Non conosco personalmente né la GT né l’amministratrice, ma cosa dovrei pensare? Che sono due pazze irresponsabili tutte e due, che odiano il povero Gilardi, che ci godono a tenerlo ai ceppi nella RSA? 

 

Altra cosa che mi ha colpito è che il giovanotto extracomunitario badante di Gilardi, sulla cui testimonianza le Iene hanno molto puntato, per colorare di giallo-nero l’episodio, sarebbe SOTTO PROCESSO PER CIRCONVENZIONE DI INCAPACE; evidentemente ci sarà un p.m. che ha ritenuto non prive di fondamento certe situazioni, certe donazioni.

 

E ci sarà pure a Lecco – immagino - un Presidente del Tribunale, o un Sindaco, o un Presidente dell’ordine degli avvocati, che non mi risulta si siano mossi,  dopo tanto clamore,  per sbugiardare le subfigure istituzionali che ho detto sopra. Omertà lombarda, connivenza, tutti mafiosi e in combutta sul lago manzoniano contro i vecchietti? Avrei i miei dubbi …

 

… ma secondo voi – non voglio mettermi a fare il professore - quanto possiamo fidarci di un Garante che parla di una “sentenza”, mentre SI TRATTA IN REALTÀ DI UN “DECRETO” DEL GIUDICE? 

 

Concludo facendo a Carlo Gilardi, a nome di “Diritti in movimento’’, a nome di “Persona e danno”,  I NOSTRI MIGLIORI AUGURI: Natale, Buon Anno, Epifania, inverno, primavera … per tutti gli anni a venire. 

Che esca dalla RSA, se possibile, se è questo che desidera davvero, che faccia al mondo  quello che vuole, sapranno i familiari che gli stanno accanto (una sorella ha promosso il ricorso), sapranno le autorità civilistiche di protezione vegliare – mi auguro - solertemente di lui.

                  https://www.facebook.com/paolo.cendon/posts/3321055287999502

 

Notate che gli slogan vanno scritti in maiuscole, in frasi memorabili da ripetere: Brahim, l'extracomunitario usato per colorare la storia di giallo-nero, è SOTTO PROCESSO!  E poi quel Garante, che roba, non sa neanche cosa sia un DECRETO!   Quanto a Carlo, AUGURI!  

 

Per il Prof. Cendon, questo non è il Caso Gilardi; questo è il Caso Iene.  Cito un suo commento, dalla discussione che segue l'articolo del Prof. Cendon: "È chiaro che le Iene hanno un grande potere di suggestionamento, anche presso gente che si direbbe a monte equilibrata e serena, e che si lascia invece impressionare e trascinare infantilmente."  

 

Noi dissidenti siamo così facili da deludere.  Le persone serie hanno compassione per noi Carlisti, infantilmente trascinati a conclusioni sconclusionate, abbagliati dalle luci televisive e affascinati dall'intraprendenza della bella Nina Palmieri.

 

 

LE REGOLE DI UN EFFICIENTE FRAME-UP

 

In un frame-up, il compito è di affibbiare un crimine a qualcuno.  Nei film, può essere l'errore di un poliziotto stupido.  Può essere la facile soluzione per un detective pigro quando il capo dice, "Abbiamo bisogno di arresti... e subito!."  Può essere la pratica favorita di un regime malefico quale era quello di Stalin, e tuttora rimane un metodo che ogni governo può usare in momenti difficili, anche in Europa. 

 

Può trattarsi di un crimine pesante e semplicissimo, come nel caso della strage all'Università dell'America Centrale in El Salvador, dove il rettore, il Padre Ignacio Ellacuria era nel 1989 malvisto al governo e si decise di eliminarlo e di lasciar sul muro uno slogan marxista. "E niente testimoni, mi raccomando!" Così i soldati usarono armi catturate ai ribelli e uccisero sei gesuiti, la cuoca, e sua figlia.

 

Può trattarsi di un crimine leggero e complicato, come nel caso presente.  L'idea era di falsamente accusare un musulmano del reato di sfruttamento, per invalidarne la parola: era l'unico testimone all'arresto del professore e bisognava metterlo in cattiva luce, per qualche mese,  fino alla morte del vecchio... poi, Brahim lo si può lasciar andare.  

 

Il crimine di cui accusarlo è leggero ed assurdo, l'aver ricevuto del denaro da un ricco santo che dava denaro a tutti.  E l'obbiettivo degli organizzatori del frame-up è pure leggero, null'altro che far sparire un vecchio ricco, vuol dar via denaro che spetta a certi eredi e insiste a vivere troppo a lungo.  Bisogna metterlo da parte, ma con garbo. "E mi raccomando, guanti di velluto!"

 

 

Pesante o leggero, la regola in ogni frame-up è di non presentare fatti o indizi, che possano esser dimostrati falsi.  Gli argomenti devono essere generali, presentati con gravitas e sempre ad hominem.  "Noi cognoscenti abbiamo il dovere di astenerci dal dire di più.  (Per ragioni di stato.  O di privacy.  O di di procedura.)   Vi informeremo al momento giusto.  Ma quello lì, guarda che faccia, occorre dire di più?  Le cose che noi sappiamo di lui!  Se voi ne foste a conoscenza, capireste bene... "  

 

Come dice il giudice e come ripetonono tutti i giornali, questa storia è basata sulle parole di un extracomunitario ora sotto processo.  Bisogna creare dubbi sulle parole di Brahim e trasferire tali dubbi dalle parole di Brahim ai video di Brahim.  "Questo extracomunitario è sotto accusa, come potete pensare di credere ai suoi video?"

 

"Hanno tagliato," spiega la Dr. Barra.  Questo lo accettano tutte le persone per bene, giornalisti, giudici, avvocati, e tutti i diecimila politici--meno gli onorevoli Meloni, Sgarbi e Rospi.  

 

 

NIENTE MAI PENSIERI A LECCO

 

La difesa del sistema presentata dal Prof. Cendon è un argumentum ad hominem: Mica siamo la mafia, noi!  Mica diamo falsa testimonianza, noi Italiani nordici!  E chi merita fiducia, un extracomunitario o uno di noi dottori in legge?  Per non parlare di quell'untorello del Garante Nazionale, che scrive "sentenza" quando doveva scrivere "decreto"!   Che basso livello! Fidatevi di noi, che parliamo con cura e provvediamo soccorso giuridico ai vecchi e deboli, giorno e notte!

 

Così la pensano i benpensanti: al Palazzo di Giustizia, i mai pensieri non si pensano.  Noi giuristi siamo gente per bene.  Poi, il 9 gennaio il Prof. Cendon trova conferma de’ suo’ buon pensieri in un articolo sulla Provincia di Lecco dell'8 gennaio, sotto il titolo "Vergogna per tanta pubblicità." 

 

La storiella che arriva dal palazzo, è che il prigioniero, al quale il giudice aveva negato telefono, posta, e ogni comunicazione con amici, parenti, e parlamentari, aveva scritto al giudice che non voleva più che si parlasse di lui.  Il detenuto ha diritto alla sua privacy, signori!  Abbiate rispetto del suo desiderio di morire in pace nella sua piacevole cella! E non vuole altro avvocato che la gentile persona che si offrì di accompagnarlo dal cardiologo. 

 

 

SEPOLTO VIVO

 

Certi concetti antiquati, come quello di habeas corpus, sono messi da parte nel sistema dell'amministrazione di sostegno, di cui sembra che il Prof. Cendon sia il padre spirituale.   Quindi sembra che non gli dà fastidio l'idea che a un detenuto siano negate posta, telefono, avvocato, e visite--sempreché un giudice abbia dato il beneplacito.  È d'uopo che il Prof. Cendon usi il suo buon nome e grande esperienza per formalizzare e codificare il sistema di clausura assistenziale segreta inaugurato a Lecco, dove il detenuto ha il diritto di rinunciare a certe ormai superflue formalità, quale il diritto a visite e comunicazione con amici, parenti, e avvocato.  Ecco un possibile nome storico, che sarebbe appropriato per la nuova istituzione: Tribunale Speciale per la Difesa dello... No, della Tutela.

 

Il Prof. Cendon è contento di aver ricevuto conferma dei suoi sospetti, e ripubblica l'articolo della Provincia di Lecco per intero, sulla pagina Facebook de I Diritti dei più Fragili.  Così si conclude, con un'ottima frase, il suo breve patrocinio del Prof. Gilardi: "A questo punto, quindi, stante le sue richieste, sulla vicenda del professor Carlo Gilardi, potrebbe calare il silenzio."

 https://www.laprovinciadilecco.it/stories/lecco-citta/airuno-vergogna-per-tanta-pubblicita-gilardi-chiede-il-silenzio-stampa_1382226_11/

 

Il silenzio della tomba.  I sepolti vivi non gridano.  Non hanno più la forza di gridare.  Oggi, i notabili e i legali alzano il bicchiere, certi di aver finalmente seppellito il Prof. Gilardi sotto sei piedi di rispettoso silenzio. 

 

*Sentenza e ordinanza condividono l'obbligo di motivazione; il decreto, invece, deve essere motivato nei soli casi previsti dalla legge (vedi art. 135, co. 4, c.p.c. e art. 125, co. 3, c.p.p.). La sentenza, inoltre, è suscettibile di passare in giudicato, possibilità che invece non sussiste per ordinanza e decreto, a meno che non abbiano natura sostanziale di sentenza.